Un libro molto interessante, uscito nel 2008 (ahimè già sulle bancarelle dei remainders … Proseguo comunque nella parentesi: sia lode al mercato dei remainders o a quello glorioso dei libri usati; chi sa cercare, può trovare tesori, puro godimento intellettuale). Ma parliamo del libro in questione: si tratta di “Elogio della filosofia”, di Maurice Merleau-Ponty, edizioni SE. Le molte pagine di grande interesse dedicate ad altri filosofi, soprattutto Bergson, contengono riflessioni a mio giudizio splendide proprio su questo sapere controverso, a volte opaco, a volte scintillante: la filosofia. Facciamo parlare Merleau-Ponty: “[…] per lui (Bergson, n.d.r.) non c’è un luogo della verità, dove si debba andare a cercarla costi quello che costi, anche spezzando i rapporti umani e i legami della vita e della storia. Il nostro rapporto con la verità passa attraverso gli altri. O andiamo verso la verità con loro, o non è verso la verità che andiamo”. Il senso fortemente relazionale della verità è orientato ad un essere-nelmondo il cui orizzonte è aperto dagli altri e agli altri. Ma, “se la verità non è un idolo, per parte loro gli altri non sono degli dei […] Non ci si può attendere da un filosofo che vada al di là di ciò che egli stesso vede, né che fornisca precetti dei quali non è sicuro”. E qui entra in gioco la dimensione della responsabilità individuale: “non si servono le anime con l’approssimazione e l’impostura”. E ancora: “Ciò che rende filosofo il filosofo è il movimento che riconduce senza posa dal sapere all’ignoranza, dall’ignoranza al sapere, e una specie di stasi in questo movimento…”. Lo sguardo del filosofo è rivolto al mondo, ma la linea è quella dell’io-tu: non si fugge da noi stessi, neppure filosofando.
Nessun commento:
Posta un commento