sabato 5 novembre 2011

Individui e autonomia

Abbiamo vissuto, negli ultimi anni, una realtà in cui si è affermato un processo di individualizzazione. Questo è accaduto in diversi contesti esperienziali: nella società, nel lavoro, nella famiglia, dal percorso formativo al vissuto quotidiano. Questo è accaduto anche nell’ambito della partecipazione politica. Ora, l’individualizzazione è un accadimento storico che ha portato enormi e positive novità: l’investitura individuale nei processi cognitivi e formativi, nella creazione artistica, nell’espressione del genio. Pure il modo di produzione capitalistico nasce da questa onda lunga, e i movimenti di massa del Novecento, pur se nati su un modello di agire collettivo, non hanno niente a che vedere con una massa informe e senza volto. Ma, se nella sfera pubblica si afferma un pluralismo di interessi particolaristici, categoriali, settoriali, privo di una direzione elettiva ispirata ad un qualche bene pubblico, o almeno da una idea di pubblica utilità, l’individualismo diventa un dato allarmante per i meccanismi della convivenza. Può accadere, allora, che l’incertezza si estenda alla validità stessa del concetto di democrazia. Vorrei accennare brevemente ad un ragionamento che meriterebbe di essere sviluppato in maniera approfondita. L’individualismo nella declinazione sopra tratteggiata di cura del “particolare” corrisponde ad uno stato di minorità proprio di un individuo in forte difficoltà ad affermare le sue ragioni in un contesto relazionale. Siamo autonomi, quando riusciamo a entrare in un gioco di rapporti e mediazioni tale da costituire uno spazio sufficientemente ampio di scambi simbolici allargati. L’autonomia è tratto distintivo dell’individualità, ma la si gioca sempre in un contesto relazionale: altrimenti, diventa solipsismo o solitudine. Insomma, non si è mai autonomi da soli, ma in un contesto di relazioni. Così come una mano è autonoma nell’afferrare un oggetto, ma si nutre e si rapporta al contesto del corpo umano.

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