Una donna a cui viene rapita la creatura. È Demetra. Persefone, la figlia
adorata, viene sottratta alla luce e alla madre dal dio degli inferi, Ade, che,
per imprigionarla nel suo regno sotterraneo, le fa mangiare un melograno. Perché
questo frutto? La simbologia è trasparente: il melograno lo si coglie. Cosa fa,
Demetra? Toglie la fertilità alla Terra. La Terra diviene sterile. Immaginiamoci
una Terra sterile. Anni fa (1983), un film, “The day after”, che i cinofili
reputano di serie B, ma che influenzò moltissimo l’immaginario di una
generazione, mostra gli effetti del dopo bomba atomica. È così che doveva
presentarsi la Terra inaridita dal dolore di Demetra: grigia, opaca, polverosa,
lunare senza la magia della Luna. Ma è potente anche l’immagine di Demetra che
vaga per ogni dove, ululando, disperata, folle di dolore per la figlia. Lei, per
la quale il poeta Callimaco scrisse: “Quando passa il canestro, dite, o
donne:/Salve Demetra, molte volte salve,/generosa di cibo, ricca a staia”.
Demetra ritrova Persefone, la figlia, e il responso finale è che la giovane
donna dovrà trascorrere sei mesi con la madre e sei mesi con lo sposo. È,
chiaramente, il ciclo delle stagioni. Ma è anche il riconoscimento del fatto che
una donna non deve consegnarsi completamente all’ordine del maschio, ma può
ancora stare nel discorso materno. “Salve Demetra, molte volte salve, generosa
di cibo, ricca a staia. E come sono quattro le cavalle di chioma bianca che il
canestro tírano, così la grande dea; molto potente, verrà portando bianca
primavera e bianca estate e inoltre inverno e autunno e ci proteggerà da un anno
all'altro”. Io credo che molti uomini compiano atti di violenza truce sulle
donne, perché non sanno e non vogliono riconoscere quella potenza. La potenza
della nascita, del dar vita, della primavera che”non bussa, ma entra sicura”:
come scrisse un uomo, Fabrizio De André. “Salve, dea, conserva questa città in
concordia e in opulenza. Porta tutti i prodotti della terra, ai buoi da'
nutrimento, porta i frutti, porta la spiga, da' la mietitura, anche la pace
nutri, perché mieta, colui che arò”.
Nessun commento:
Posta un commento