In alcuni bellissimi testi dei primi anni ’70, Gilles Deleuze e Felix
Guattari, a seguito del loro lavoro su “L’anti-Edipo”, indagano sulla natura del
capitalismo, mettendo in luce, in particolare, un nesso inedito, tra
capitalismo, desiderio e schizofrenia. «Non c’è nessuna operazione, nessun
meccanismo industriale o finanziario che non riveli la follia della macchina
capitalistica e il carattere patologico della sua razionalità (non una falsa
razionalità, ma una vera razionalità di questa patologia, di questa pazzia,
perché la macchina funziona, siatene certi). Non c’è pericolo che questa
macchina impazzisca, lo è fin dall’inizio, ed è in questa pazzia che trova la
sua razionalità». Parole che rileggo sovente, nel riflettere su meccanismi,
parole ed azioni che vediamo svolgersi sotto i nostri occhi, se appena
intendiamo andare oltre la corsa dello spread. Pensiamo ad un premier che parla
di “guerra”: si tratta di un linguaggio devastante. Pensiamo: in guerra
l'emergenza è massima, si contano i morti ed i feriti, ci si sacrifica senza
giustizia ed equità per ottenere la vittoria. L’alternativa è tra uccidere o
morire. La democrazia è sospesa. Non a caso, Monti ha detto “siamo in guerra” ed
ha criticato pesantemente la “concertazione” (quindi la mediazione), parlando
all’Abi, cioè alle banche: un ambito in cui giustizia ed equità proprio sono
fuori contesto. Nella stessa giornata, la Bce (pensiamo: Banca centrale europea)
detta ai governi ulteriori regole in materia di politiche economiche e
salariali. Temo che sia in atto una svolta di tipo autoritario, che rischia di
essere epocale. Lo Stato moderno si è costituito, superando il vassallaggio,
attraverso la stipula di un patto sottoscritto tra gli individui non ancora
associati. Con questo patto, si cedeva una quota di “libertà” individuale
(sottostando a delle regole), in cambio di un sistema di protezione e di rete.
Oggi, lo Stato, gli Stati si stanno sottraendo a questo patto fondativo. Non
esiste più contrattualismo, bensì imposizione e pratiche predatorie, con una
governance dettata dall’economia, dalla finanza, apparentemente non politica,
che invece lo è profondamente. La democrazia è conflitto, ma non guerra; è
dissenso e assenso, in libera contrattazione, non vassallaggio e servaggio,
giustificati da una continua emergenza. Non mi hanno mai affascinato le
previsione di apocalittici scenari, ma mi sembra di intuire che qualcuno pensi
alla costruzione di una sorta di sistema neofeudale (appunto, il vassallaggio),
retto da tecnocrazia e finanziarizzazione. E' una feroce, cattiva
riorganizzazione del capitale, della sua razionalità patologica. E, se Deleuze e
Guattari avessero ragione, funzionerà.
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