venerdì 3 febbraio 2012

Un pensiero femminile

Sono sempre stato attento alla capacità femminile di pensiero e di riflessione. Ricordo una mia insegnante del Liceo, storia e filosofia. Donna di grande autorevolezza, ma capace di affetto e di umanità, ci conduceva entro le sue materie con lucidità, passione, e un vigore intellettuale che ho apprezzato in pieno solo in seguito. Anche per questo cerco di seguire la produzione femminile e femminista di pensiero, che a volte ci dona testi preziosi, come questo di Ina Praetorius, “Penelope a Davos. Idee femministe per un’economia globale”, tradotto in italiano nei “Quaderni di Via Dogana”. Praetorius è una dottora in teologia protestante e saggista tedesca. Definisce questi suoi scritti “tentativi di pensare in modo postpatriarcale”, partendo da una analisi: la crisi globale, lo strapotere della finanza e dell’economia di carta, la distruzione dei legami sociali ha molto a che fare con il dominio patriarcale e la soggezione millenaria delle donne, che ha provocato, tra l’altro, la loro assenza dalla vita pubblica. L’autrice conia un termine, la “Daseinkompetenz”, cioè la competenza dell’esserci, che diventa una cultura ed una pratica, di segno femminile, capace di disegnare un mondo “altro” rispetto a quello, per sintetizzare, dell’economia immateriale, ed è un mondo che già c’è, è in presenza. È il mondo della cura: cura degli aspetti relazionali, dei bisogni materiali ed affettivi, del “mettere al mondo”. Grandi competenze femminili, e un grande pensiero, tra gli altri: il falso mito dell’indipendenza, il fatto che la libertà si possa declinare come indipendenza. Tutti e tutte dipendiamo, in realtà: a partire dalla madre che ci ha partorito, dai legami sociali ed affettivi, dall’acqua dall’aria dalla terra che ci nutre. È vero, care lettrici e lettori: il modo prometeico di vedere la vita, la “Weltanschaung”, la visione del mondo per cui l’uomo domina la natura e si erge solo a lottare contro le difficoltà, ci ha fatto dimenticare il senso del limite, consumare in modo dissennato le risorse, distruggere l’ambiente. Essere partoriti, dice Praetorius, significa che veniamo da una “matrice”, dal grembo materno: un involucro nutriente, che lasciamo, ma solo per entrare in una rete di relazioni e di legami, per cui, scrive l’autrice, “permaniamo all’interno della trama matrice-mondo”. Non si può sopravvivere senza aria, senza acqua, senza cibo, ma neppure senza morale, senza lingua, senza amore. Concludo: se la crisi consentirà un maggiore ascolto di voci come questa, non ne saranno venute solo disgrazie.

Nessun commento:

Posta un commento