domenica 29 gennaio 2012

Una paziente e criminale precisione

Credo che celebrare il Giorno della Memoria (ricorrenza stabilita dalla legge per il 27 gennaio, anniversario della liberazione di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche, nel 1945) debba farci ricordare i milioni di vittime incolpevoli, destinate ad una fine crudele, perché ciò che erano (ebrei, ma non solo: sinti e rom, comunisti, testimoni di Geova, omosessuali, disabili, dissidenti tedeschi e pentecostali) non trovava spazio nel mondo immaginato da nazisti e fascisti, ma anche riflettere, sempre. Come fu possibile? La deportazione, i campi, le camere a gas, i forni crematori, la pianificazione a tavolino dello sterminio. Etty Hillesum, luminosa figura di donna e di intellettuale, uccisa ad Auschwitz, si chiedeva: “Ma forse possediamo altri organi oltre alla ragione, organi che allora non conoscevamo e che potrebbero farci capire questa realtà sconcertante”. Le sue parole, lo stupore, quasi, che ne deriva, ci parlano ancora oggi. Come poté accadere? Germania ed Italia, passate attraverso il fuoco della Grande guerra, che devastò terre e coscienze, erano comunque paesi in cui la pratica e le idee dei valori umani, della solidarietà, del rispetto avevano avuto larga cittadinanza. Quindi, ci chiediamo: non ci furono anticorpi per lo sviluppo di un virus, che evidentemente allignava dentro il corpo sociale di quei Paesi, e che esplose negli anni Venti e Trenta del Novecento? E oggi, gli anticorpi esisterebbero? Non c’è organo, direbbe Etty Hillesum, che possa spiegare come, nel giro di pochi anni, si sia giunti ad un punto in cui persone che ognuno poteva conoscere da tempo, con cui andava a scuola o scambiava un saluto sulle scale di casa, o in un negozio, di cui era cliente, o paziente, o collega, o amico, o alunno, fossero private di tutti i diritti, imprigionate, deportate, fatte sparire. Certo, c’era un forte antisemitismo di origine cattolica e luterana. Certo, nel corso dell’Ottocento una marea infame di libri e libelli aveva creato il mito del giudeo nemico della civiltà. Ma basta a spiegare, questo? In realtà, tutto, o quasi, si giocò sulla costante deprivazione dei diritti, condotta passo per passo. “Una paziente e criminale precisione” (Molesini), in Germania e in Italia. Gli ebrei furono, lentamente ed efficacemente, isolati e separati dal corpo sociale. Sparirono piano piano, dagli studi medici, dai negozi, dalle scuole, dagli uffici. Fu un percorso di mitridatizzazione sociale. Non più uomini, donne e bambini con la loro vita “normale”, ma oggetti di operazioni burocratiche. E, rispetto ad un’operazione burocratica, si avverte minore responsabilità, ci si sente meno coinvolti. Con le leggi razziali, si tagliarono loro le reti di relazioni concrete, si espulsero dai luoghi, fisici e simbolici, dove si fa socialità, dove ci si incontra, dove ci si vede; la propaganda martellò su un “tipo ebraico”, da demonizzare, da temere: l’ebreo nemico, avido, menzognero. Questo “tipo” sostituì, nell’immaginario collettivo, i concreti uomini, donne e bambini ebrei, con cui ognuno aveva avuto a che fare: semplicemente, non li si vedeva più. Non lavoravano, non stavano nei negozi, non andavano a scuola: non esistevano più. Concludo un discorso che meriterebbe pagine e pagine, per dire che, ancora oggi, tutte le volte che si lede un diritto, che si toglie cittadinanza, che si amplia la distanza e si crea frattura tra esseri umani, che si sottrae qualcuno agli occhi degli altri, Auschwitz è ancora un rischio.

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