Ha scritto recentemente Zygmunt Bauman (nella foto), in un articlo sul
quotidiano “La Repubblica”: non riusciamo più a ragionare in maniera efficace di
una società giusta. Questo deriva dal fatto che non c’è un soggetto credibile
che se ne faccia promotore. Poiché “tutto nasce dal divorzio sempre più evidente
tra il potere - la facoltà di porre in atto un progetto - e la politica - la
capacità di decidere che cosa fare o non fare”. E il potere è trasmigrato in
buona parte dallo Stato-nazione a uno spazio globale sopranazionale. Siamo
globalmente interdipendenti, ma i livelli di governo sono locali. Si chiede
Bauman se sia giunto il momento di colmare questo divario, questo enorme
intervallo. Non ne indica però gli strumenti: una sorta di “grande fratello”
governativo globale? Questo comporterebbe gravi problemi di gestibilità e di
garanzia democratica. Ma voglio sottolineare alcuni elementi: i livelli di
governo (nel senso del governo politicoamministrativo) sono ormai gravemente
deficitari dal punto di vista rappresentativo, nel senso “classico” del termine.
Nel contempo, i soggetti realmente decisori sono notevolmente scostati e
diversificati da quelli, ma ciononostante non esauriscono il potere decisionale
in senso complessivo (una variante ad un piano regolatore, o una mancata
variante, o una riforma del lavoro scellerata eccetera sono nella potestà di
soggetti di governo del primo tipo, eterodiretti quanto si vuole, ma la potestà
nelle assemblee elettive è loro). Poi ci sono coloro che - la stragrande
maggioranza - non stanno né qui né là. Sempre più soggetti, tra questi, decidono
di starsene in disparte, magari a difendersi dai colpi, oppure si impegnano al
suono delle parole dei grilloparlanti di turno. Poi c'è una costellazione di
altri soggetti, variamente interessati alla sfera pubblica. Non credo che sia
più possibile un modello che li integri unitariamente. Qualcosa deve saltare. Ci
sono troppe discrasie, troppe contraddizioni, troppi cortocircuiti, cose che non
tornano, ingiustizie. Grandi.
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