Non me ne vorrete se, questa settimana, userò lo spazio che mi viene offerto
per trascrivere ampie citazioni di un testo, ormai raro, ma molto attinente alla
preannunciata, ennesima riforma della scuola, di cui ha parlato il ministro
Profumo, che ha lanciato l’idea del “premiare i meritevoli”. Una grande idea?
Intanto, non nuova: è anche in Costituzione, all’articolo 34: “I capaci e
meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più
alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di
studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite
per concorso”. La questione è, credo: i capaci e meritevoli sono per definizione
i più bravi? Sono i migliori? O non sono, piuttosto, quelli che si impegnano,
che si pongono un obiettivo, che ne riconoscono il valore e si battono per
raggiungerlo, mettendo in conto anche il possibile fallimento? Mario Lodi,
maestro, scrittore, pedagogista, scriveva nel 1971: “Ho capito una cosa
fondamentale, che ha dato al mio lavoro sempre nuovo vigore, quando venivano i
dubbi: che la via per risolvere i problemi del nostro lavoro e della vita
comunitaria è quella del mettersi insieme, perché l’individuo che risolve da
solo tutti i problemi, per bravo e intelligente e doto che sia, non esiste.
Nessuno può risolvere i problemi della gente se non si conoscono sino in fondo
attraverso la viva voce dell’esperienza dei protagonisti. [Ritengo quindi]
valida l’impostazione comunitaria del lavoro sia a scuola, sia nell’ambiente
sociale esterno”. Una grande idea: praticare un’impostazione comunitaria del
lavoro a scuola è valida palestra per trasferirla nel mondo. È l’idea per cui il
risultato di un lavoro collettivo è sempre superiore alla somma dei lavori dei
singoli. E, a proposito dei “più bravi”, leggiamo questo brano da “Lettera a una
professoressa”, di don Lorenzo Milani e dei suoi allievi. Parlano della scuola
di Barbiana, e dicono:“la vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far
perdere la voglia di tornare. Però chi era senza basi, lento o svogliato si
sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe.
Sembrava che la scuola fosse fatta solo per lui. Finché non aveva capito, gli
altri non andavano avanti”. Ci ritorneremo sopra.
Nessun commento:
Posta un commento