sabato 3 settembre 2011

I buoni pateno, i tristi reggono

“Essi confessano che nel mondo ci sia gran corruttela, e che gli uomini si reggono follemente e non con ragione; e che i buoni pateno e i tristi reggono”. Così Tommaso Campanella, ne “La città del Sole” (1602), critica i falsi valori della società del suo tempo in cui si pensa che gli ignoranti, solo perché “son nati signori o eletti da fazione potente”, siano in grado di governare più dei sapenti. Campanella auspica la ricostruzione del rapporto tra natura e ragione, tra religione e politica, tra conoscenza e vita civile. In una realtà storica in cui domina la pratica del “mostrarsi quel che non sei, cioè d’essere re, d’essere buono, di essere savio e non esser in verità”, il saggio soffre, quando non venga perseguitato. Il filosofo auspica un modello in cui la sovranità non si fonda sui privilegi ereditari o sulle ricchezze, ma sulla virtù del sapere. La città del sole rappresenta dunque la proiezione di un modello di società pacifica e giusta in un luogo immaginario, in un’utopia (ou topos, non luogo) in cui si manifesta il desiderio di un totale rinnovamento civile e spirituale: la politica fondata sulla moralità. Sono evidenti gli influssi di Platone (la “Repubblica”, con il modello comunitario di donne e beni e con la frugalità e la temperanza dei “reggitori”), del profetismo millenaristico cristiano di Gioacchino da Fiore, e soprattutto da “De optimo rei publicae statu deque insula Utopia” o più semplicemente “Utopia”, la grande opera di Thomas More (1516 circa), epitome dell’umanesimo critico di origine erasmiana. Non a caso, Erasmo da Rotterdam e Tommaso furono legati da profonda amicizia. Un'opera, “Utopia”, in cui Moro si riconosce – ancora - debitore a Platone e alla sua “Repubblica”: "Ora io sono come la città di Platone, la cui fama vola attraverso il mondo". Tornando a Campanella, notevole è l’insistenza sul valore della conoscenza e la lotta all’ignoranza, come è ben sintetizzato in questi suoi versi: “ Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia […] Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno, ingiustizia, lussuria, accidia, segno, tutti a que' tre gran mali sottostanno che nel cieco amor proprio, figlio degno d'ignoranza, radice e fomento hanno ». Chi avesse oggi buone orecchie, trarrebbe gran giovamento da questa lettura.

pubblicato il 29 luglio 2011

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