sabato 24 settembre 2011

L'archivista

Spezzeremo una lancia, oggi, a favore di un mestiere e di una figura professionale snobbate, quando non neglette: parliamo dell’archivista, questo sconosciuto. Intanto, come figura protagonista di un bel romanzo, non molto noto, di Martha Cooley, dall’identico titolo. La storia si gioca sul rapporto stretto, intellettuale e metaforico, tra Matt, l’archivista, e l’immenso poeta Thomas Stearns Eliot, in cui si inserirà la relazione, reale, con Roberta, una giovane studiosa. “Nella realtà, sono l'archivista di una delle più prestigiose istituzioni americane per l'istruzione superiore, dove sovrintendo a una collezione di libri rari e manoscritti, i taccuini e le lettere di scrittori morti e altri personaggi illustri, e scatole di materiale eterogeneo donato da laureati eccentrici. Questo archivio, ospitato in un'ala tranquilla della biblioteca, è fra i più ricchi del mondo; e io sono il suo guardiano”. Forse la chiave del libro, e del mestiere, sta in questi versi di Eliot: “La memoria rigetta e dissecca / Un ammasso di cose distorte”. La cura della memoria e l’ansia quasi maniacale della conservazione: gli archivisti veri sono concreti e lunatici, materiali sognatori. Attenti al supporto – la carta, quando non la pergamena – , malvolentieri si piegano all’obbligo della selezione e dello scarto, pratiche ahimè necessarie per non riempire schedari, uffici, luoghi di lavoro. Pensate: tra cento anni, in un futuro che appena possiamo immaginare, ma certo non prefigurare, della quantità enorme delle scritture di questi anni rimarrà, in via permanente ed organizzata, quel che gli archivisti avranno selezionato. Su carta – supporto, tuttora, più certo e sicuro per la conservazione – e su file: l’ambiente digitale apre problemi enormi, di selezione, valorizzazione, conservazione. Miliardi di file nell’universo digitale: cosa resterà? Si parla, non a caso, di cloud computing, la nostra memoria conservata su una nuvola virtuale. Un elemento di materialità diverso. Una dimensione cui accostarsi mutando in profondità i nostri parametri mentali. Scriveva l’immenso Eliot: “La conoscenza impone una trama, e falsifica/Perché la trama ogni momento è nuova”.

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