giovedì 25 agosto 2011

Athena, Cassandra, Elettra


Il vostro autore delle modeste noterelle a carattere filosofico è appassionato assai di cultura classica. La rubrica si chiama “La civetta di Minerva”: Minerva, alter ego romana di Athena, dea greca della sapienza e del conflitto ordinato e razionale. Athena, nata adulta non da corpo di donna ma dalla testa del padre, Zeus re degli dei; armata di uno scudo ornato con la spaventosa testa della gorgone Medusa, che pietrificava chiunque la guardasse, di lancia, egida ed elmo. Athena Pallade o Parthénos, vergine, da cui il Partenone, grande tempio che sovrasta Atene, città a lei dedicata. Athena figlia di solo padre: prodotto di una cultura che si stava distaccando dai miti ancestrali, legati alla terra, alle stagioni, alla fertilità ed alle grandi dee madri della vita e della morte, dee levatrici, dee creatrici. Subentra la razionalità apollinea, le madri ubertose, odorose, balsamiche sono soppiantate dal padre, rifulgente di luce, padrone di un cosmo ordinato che intende soggiogare la natura e la sua forza virulenta, frondosa, scura. Scura come Cassandra: personaggio del mito, della letteratura, della tragedia. Cassandra che ha il dono della veggenza, dono avvelenato: figlia di Priamo e di Ecuba, sin da piccola aveva ricevuto da Apollo il dono della profezia; tuttavia in seguito, avendo respinto l'amore del dio, aveva perduto quello della persuasione, sicché non fu più creduta da nessuno. Possiamo pensare ad una sorte peggiore? Conoscere la verità e non esser creduta. Dopo l’incendio di Troia, che la sua anima visionaria aveva previsto, toccò come preda di guerra ad Agamennone, che la condusse con sé a Micene, dove il violento re cadde per mano di Egisto e Cassandra venne uccisa da Clitennestra, piena di odio verso il marito che aveva sacrificato la loro figlia Ifigenia ai suoi desideri guerreschi e di rapina. Ma ecco che si presenta una terza grande figura femminile, Elettra: affascinante e piena di mistero. È la figlia di Agamennone e Clitennestra, che, ferita dal lancinante ricordo del padre ucciso, non esita a partecipare, con il fratello Oreste, all’uccisione della madre e di Egisto. Ne hanno scritto sia Eschilo che Euripide che Sofocle: forse in quest’ultimo si avverte maggiormente lo stupore attonito di fronte ad una scelta tragica anche nella dispersione del senso. Corbeille, Racine, Voltaire, Mozart, fino a Hofmannsthal, per giungere, ai nostri giorni, a O’Neill, Pasolini ed Anghelopulos, tutti ne hanno scritto, traendo un mondo di simboli e significati dalla vicenda dell’eroina. “[…] io non desisto/dai pianti, dagli ululi lunghi,/ sin ch'io le ardentissime rote/degli astri, ed il giorno contempli”. Mi accorgo di aver scritto una nota tutta connotata di storie e personaggi femminili. E’ il modo del vostro autore di rendere omaggio a tutte quelle donne, moltissime, che lavorano, curano la casa, tengono insieme rapporti familiari e sociali, corrono da mane a sera e, nonostante questo, hanno ancora voglia di sorridere.

pubblicato l'11 febbraio 2011

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