domenica 14 agosto 2011

Misteri...


Mi sono spesso domandato la ragione per cui l’uomo sia così attratto dal mistero. Potete scommettere che una segreta è il luogo più visitato di un castello, e una locandina di giornale su cui campeggi la parola “mistero” fa aumentare le vendite. “I misteri del cosmo” è un titolo accattivante di per sé per un testo di divulgazione scientifica; “i misteri d’Italia”, quanto se ne è parlato, ma una trasmissione TV così presentata ha una sicura audience. Ma da dove nasce il termine “misteri”? Uno dei cosiddetti “inni omerici” – scritti nello stesso dialetto dell’Iliade e dell’Odissea e, parimenti, in esametri dattilici – celebra Demetra, dea dell’abbondanza, delle messi, della natura madre benigna, e narra la sua ira e il suo dolore quando Ade le rapisce la figlia Persefone. La terra è ridotta a deserto, la madre benigna e nutrice le renderà vita solo quando Persefone sarà tornata da lei. Nell’inno, sono molteplici i riferimenti ai misteri eleusini. "Felice chi possiede, fra gli uomini, la visione di questi mysteria; chi non è iniziato ai santi riti non avrà lo stesso destino quando soggiornerà, da morto, nelle umide tenebre". L’iniziato ai misteri – dal latino initium, inizio, quindi il momento di preparazione a ricevere un’istruzione - avrebbe goduto di una vita diversa, più consapevole, più vicina al dio. Ma che tipo di messaggio era annunciato ad Eleusi? Una severa regola di segretezza ci impedisce di conoscerne nel dettaglio i contenuti. Sappiamo però che si trattava, più che di un nuovo credo religioso (gli iniziati rimanevano fedeli al culto di appartenenza), di un insieme di rivelazioni circa la natura dell’esistenza umana, il significato della vita e della morte. Tornando all’inno omerico, Demetra, dopo aver ridato vita alla terra, lei, portatrice di sapienza antica, odorosa e balsamica insegna “ai re che rendono giustizia […] la norma del sacro rito […] e i misteri solenni”. Si trattava, forse, di riti di passaggio, da una stagione all’altra (quando Persefone sta con Ade negli inferi, sulla terra è inverno), da una stagione della vita ad un’altra: nascita, morte, pubertà, fertilità. Una sapienza di segno femminile, una mantica capace di apprendere ed insegnare in armonia con la natura e i cicli della vita. Scrive il poeta Pindaro: “Felice chi entra sotto la terra dopo aver visto quellecose. Conosce la fine della vita, conosce anche il principio dato da Zeus”. L’imperatore Marco Aurelio indica tra i doni, con cui gli dei assistono gli uomini, anche i Misteri. Venendo ai nostri tempi, una filosofa francese, Simone Weil, trova nel pensiero dei filosofi pitagorici della Grecia antica, nutrito di cultura orfica e misterica, «una profonda unità fra le diverse parti della vita profana e fra l’insieme della vita profana e della vita soprannaturale, tanta unità quanta separazione vi è oggi ». Nei pitagorici e, più in generale, nell’ intera cultura greca, Simone Weil trova quella libera circolazione fra spiritualità, cultura e scienza che tanto manca ai giorni nostri. Per la lucida consapevolezza della miseria umana e della lontananza dell’uomo da Dio, tutta la grecità avrebbe lavorato per costruire ponti, metaxy, avrebbe cercato degli intermediari fra umano e divino: forse per questo, Albert Hofmann individua nei Misteri un momento della storia della cultura in cui l’individuo non è scisso dal mondo in cui vive, dagli altri e dalla natura, ma si sente in armonia con il fondamento spirituale e divino di tutti gli esseri. Un sogno, ai nostri giorni.

pubblicato l'8 ottobre 2010

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