lunedì 15 agosto 2011

L’imperio della forza

Nell’ultima “civetta” ho accennato alle posizioni sulla forza e la violenza di Simone Weil, una grande filosofa francese. Una donna fisicamente fragile, che chiedeva molto alla propria ferrea volontà ed al proprio corpo, e che pagò questo farsi fiamma, morendo a soli trentaquattro anni. Fece scelte di vita coraggiose e autentiche: volontaria – anche se non combattente, anzi rivendicando compiti di cura - nelle Brigate internazionali antifranchiste in Spagna nel 1936, ad un certo punto abbandonò l'insegnamento della filosofia, per andare a lavorare come fresatrice nelle Officine Renault. Nonostante la brevità della sua vita, Simone Weil ha scritto molto, e l'edizione integrale delle sue opere, pubblicata da Gallimard, è composta da sedici volumi. Oggi desidero parlarvi di due brevi testi sulla cultura dei Catari, scritti nel 1942: “L'agonia di una civiltà nelle immagini di un poema epico” (la Chanson de la Croisade contre les Albigeois o Cançon de la crosada) e “L'ispirazione occitanica”. Perché i Catari? Weil, nel 1941, poco prima di fuggire, lei ebrea, da Parigi invasa dalle truppe di Hitler, aveva scritto un importante saggio su “L’Iliade, poema della forza”, in cui sosteneva che il culto della forza non fosse solo la radice oscura e la pratica dell´hitlerismo, ma serpeggiasse nel fondo ideale e ideologico delle politiche e delle società d´Occidente. Non mi dilungherò sull’eresia catara: basti dire, insediatasi nello splendido contesto della cultura occitanica e trobadorica, fu oggetto delle persecuzione cattolica, fino a giungere alla crociata, bandita da papa Innocenzo III, che vide atroci violenze. L’eresia fu schiacciata nel sangue: per tutte, la strage di Béziers, nel 1209, in cui si stima che fossero uccise circa 20.000 persone (le antiche cronache narrano che fosse chiesto all’abate di Citeaux, comandante delle forze papali, chi dovesse essere risparmiato, nella città assediata in cui c’erano anche donne, anziani, bambini, e che egli avesse risposto: “Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi!”), e il massacro di Marmande nel 1219, descritto così nella Chanson: “Corsero nella città [le armate dei Cattolici], agitando spade affilate, e fu allora che cominciarono il massacro e lo spaventoso macello […] Il sangue scorreva dappertutto per le strade, nei campi, sulla riva del fiume”. Simone Weil prende le mosse da qui, da questo terribile imperio della forza, per narrare l’agonia della civiltà della lingua d’oc, “uccisa dalle armi”. Trova, nella Chanson, una “mescolanza di passione ed imparzialità che crea il tono delle grandi opere”. "Se vinse l'intolleranza, fu solo perché le spade di quelli che avevano scelto l'intolleranza furono vittoriose... L'Europa non ha mai più ritrovato allo stesso livello la libertà spirituale perduta per effetto di questa guerra....Il paese d'oc, nel XII secolo, era lontano da ogni lotta di idee. Le idee non vi si scontravano, esse vi circolavano in un ambiente in certo qual modo continuo. E' questa l'atmosfera propizia all'intelligenza: le idee non sono fatte per lottare". La violenza tende all’annientamento della presenza umana: la forza è irreale, per quanto reali e devastanti siano i suoi effetti, perché produce un cumulo di menzogne. La forza “de-realizza”, “la violenza stritola quelli che tocca”, “uccidere è sempre uccidersi”: “la forza è ciò che rende chiunque le sia sottomesso una cosa”. La cosificazione dovuta alla forza può essere guarita solo dall’Amore, che fa guerra alla guerra. Volendo semplificare un pensiero lucido, complesso, tagliente, possiamo dire che, per Weil, “due forze regnano sull'universo: luce e pesantezza”. Ogni bassezza prodotta dall’essere umano, è pesantezza. La luce è la “grazia”, moto ascendente e discendente, presente nell'induismo, nel buddhismo, nel taoismo, nella filosofia greca (Platone), nei Vangeli e nel primo cristianesimo: la legge dell’amore. La grazia era rimasta viva nel cristianesimo dei Catari e nei valori della civiltà occitana, prima che la Croisade li distruggesse. La “pesantezza” è di Roma, dominatrice di popoli, e della Chiesa, che si è fatta meccanismo di dominio. Una forza negativa che tornerà nei regimi totalitari del XX secolo, in particolare nel nazismo. Torneremo su questa pensatrice. Voglio chiudere con un suo folgorante pensiero, quasi un monito: “Ogni civiltà, come ogni uomo, ha a sua disposizione la totalità delle nozioni morali, e sceglie”.

pubblicato il 5 novembre 2010

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