sabato 20 agosto 2011

Montagne sacre e profane


La montagna è un simbolo complesso. Nella mitologia dell’antica Grecia, le montagne erano figlie di Gea, la Terra, ed erano luoghi sacri. Per la loro struttura, sono un tramite con gli Dei che risiedono nei cieli. Su una montagna – l’Olimpo- dimorano gli dei. Dopo le devastazioni del leggendario diluvio, al quale sopravvissero solo Deucalione e Pirra, la specie umana cresce nuovamente sulle cime dei monti, da cui guarda le pianure allagate. La coppia getta dietro le spalle alcune pietre – le ossa della montagna– e ne nascono uomini e donne nuovi. Gli inni omerici ci ricordano che le cime delle montagne sono sacre al dio Pan. La montagna Menalo, in Arcadia, figlia del Cielo e della Terra, era considerata regina, madre di re. Zeus schiaccia i Giganti ribelli sotto il peso delle montagne. Su una montagna si ferma l’arca di Noè, dopo l’altro grande diluvio delle storie del mondo, quello della Bibbia, e su una montagna Mosè riceve le tavole della Legge divina. Si pensa che gli “Dii montenses” di alcune iscrizioni latine siano quelli che sovrintendevano ai sette colli di Roma. Nella mitologia persiana, Aura-Mazda, il dio delle luce, comincia la creazione dell'universo con i Feveres, idee invisibili degli oggetti visibili che sono situati nel cielo come eterni vigilanti contro il male personificato da Ahriman, per proteggere gli uomini giusti. Crea in seguito il cielo e la terra, e il monte Alborj, dove fissa la sua residenza. Per venire a giorni a noi più vicini, Pirandello, alla sua morte, lascia incompiuta un’opera, “I giganti della montagna”, dal testo e dalla struttura singolari ed affascinanti. Giorgio Strehler la allestisce in varie occasioni, e ne scrive: «C'è un tema profondo, ricorrente, nella grande cultura greca-europea: quello dei mitici Giganti che vogliono impadronirsi del potere celeste, universale. Ma vengono sconfitti, proprio quando sembrano aver vinto. Questa radicata, inquietante presenza tocca l'ultimo Pirandello che in quest'opera incompiuta, la rappresenta nel teatro e nella poesia”. La scalata al cielo dei Giganti avviene sovrapponendo le montagne. “La montagna incantata” è il titolo di un’opera tra le più complesse di Thomas Mann: una fondamentale riflessione filosofica sulla malattia e la morte, sul rapporto tra cultura e natura. La storia di cui si parla ne “La montagna incantata” è una età che «non si può misurare in giorni né in lune, in una parola essa non deve veramente la sua maggiore o minore antichità al tempo (…) e la sua estrema antichità è data dal fatto che essa avviene prima del limitare di un certo abisso che ha interrotto la vita e la coscienza dell’umanità (…)», scrive Thomas Mann. Antica come le ossa del mondo, le montagne che ci guardano da tempi immemorabili.

pubblicato il 24 dicembre 2010

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