lunedì 15 agosto 2011

NON-VIOLENZA


“Scruto nei vostri occhi e vedo intense e profonde tracce di tormento, di sofferenza e di tristezza. Scruto nei
vostri occhi e non vi trovo luce, né gioia di vivere, ma una fitta oscurità e un’intima delusione che si oppongono alla vita”. Sono parole di Osho Rajneesh, mistico e maestro spirituale indiano. Maestro di realtà, fu definito. Il suo pensiero fa leva sulla liberazione dai dogmi, dalle credenze, dai legami ideologici, politici, sociali: libertà dai vincoli, libertà dalla paura, un percorso condotto attraverso un “passo armonioso” e una “messa a fuoco sul reale”. I vincoli a cui prima accennavamo producono violenza: le credenze, le appartenenze portano a conflitti, prima o poi, e occorre recuperare equilibrio ed ordine. Una dimensione che riporta l’individuo al centro della propria esistenza, da cui troppo spesso è sradicato, un viaggio che conduce all’amore. L’amore che è uno “stato del sé”, e che diviene “perfetto e puro” attraverso la non-violenza. La non-violenza è amore, la violenza, l’irreligiosità e l’ignoranza sono “negative allo stesso modo in cui è negativa l’oscurità”. Una declinazione della nonviolenza diversa da quella di Mohandas Karamchand Gandhi, per il quale “la non-violenza è la legge della nostra esistenza”, “non-violenza è amore infinito capace di assumere il dolore”, e l’unica forza accettabile è la forza morale. Gandhi immerge la sua visione della non-violenza nel mondo e nelle cose, e ne fa pratica da portare anche in campo politico e sociale. Di fronte alla violenza ed alla oppressione non si deve essere passivi: Gandhi propone una strategia che consiste nella resistenza passiva (la non reazione alle provocazioni dei violenti), e nella disobbedienza civile, vale a dire il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste. “La mia non-cooperazione non nuoce a nessuno; è non-cooperazione con il male,… portato a sistema, non con chi fa il male”. A questa lezione si ispirò il filosofo italiano Aldo Capitini. Leggiamo dalle sue opere : “Tanto dilagheranno violenza e materialismo, che ne verrà stanchezza e disgusto; e dalle gocce di sangue che colano dai ceppi della decapitazione salirà l'ansia appassionata di sottrarre l'anima ad ogni collaborazione con quell'errore, e di instaurare subito, a cominciare dal proprio animo (che è il primo progresso), un nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore, senza un'apertura infinita dell’uno verso l'altro, senza una unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire. Questo è il varco attuale della storia”. Capitini parla di non-collaborazione: la lezione gandhiana è qui assunta come pratica personale e politica. Una grande filosofa francese, Simone Weil, scrisse: “Sforzarsi di sostituire sempre più nel mondo la non-violenza efficace alla violenza”. La non-violenza efficace per opporsi al dominio della forza: “La forza è ciò che rende chiunque le sia sottomesso una cosa. Quando sia esercitata fino in fondo, essa fa dell'uomo una cosa nel senso più letterale della parola, poiché lo trasforma in un cadavere. C'era qualcuno, e un attimo dopo non c'è nessuno […] Tanto spietatamente la forza stritola, tanto spietatamente essa inebria chiunque la possieda o creda di possederla. Nessuno la possiede veramente”. Parole che fanno molto riflettere.

pubblicato il 29 ottobre 2010

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