domenica 28 agosto 2011

IL NONIO E LA GRAMMATICA


Il matematico e geografo portoghese Pedro Nunes inventò, nel 1542, in pieno Rinascimento, il nonio, allo scopo di migliorare la precisione di lettura della scala graduata di uno strumento di misura. Nunes, che fu anche cartografo reale, scrisse un inaspettato elogio della grammatica, “nutrice di ogni scienza”. Ora, la grammatica produce regole: “è il procedimento attraverso il quale associamo, ad ogni parola presente all'interno di una frase, la propria categoria d'appartenenza, che sia questa quella dei nomi, degli aggettivi, dei pronomi, dei verbi o degli articoli; categorie di parole, quindi, che possono essere variabili, quando in accordo tra loro con genere e numero nella coniugazione della voce verbale, mutando le proprie terminazioni, o invariabili, come avverbi, preposizioni, congiunzioni e interiezioni, non soggetti a flessioni di questo tipo. […] Dovremo quindi specificare le esatte definizioni di ciascuna parte del discorso, distinguendone le proprietà morfologiche caratteristiche, cioè genere, numero, tipologia, ecc. e definendone altresì le relazioni che la legano ad altri determinati elementi all'interno della proposizione in cui si trova impiegata” (R.Volpi). Perché, quindi, la grammatica come nutrice di ogni scienza? Con il corredo delle figure del discorso di cui è costellata – l’allitterazione, l’iperbole, la metafora, la metonimia, l’ossimoro – la grammatica consentì a quell’universo vario e variamente stratificato che furono l’Umanesimo ed il Rinascimento di cogliere un nuovo significato dei testi antichi. Non più, quindi, la lettura tradizionale e ossificata della scolastica, ma la capacità, attraverso una conoscenza approfondita di quei sistemi di regole (della lingua latina e di quella greca, soprattutto, ma anche dell’ebraico: uno degli obiettivi di Erasmo fu l’esegesi delle Scritture), di scavare nei testi per mettere in luce la verità che avevano desiderato gli autori. La caparbia attenzione alla grammatica potrà diventare, nel corso degli anni, una sorta di asfissia, ma, nello spirito originario, è stata un’operazione di libertà. Ha inserito i testi in una prospettiva storica. Questo dobbiamo all’umanesimo: la scoperta che la nostra dimensione è la storia, e, poiché la storia è variazione e cambiamento, la consapevolezza che niente è fissato per sempre. Si apre, quindi, il principio speranza. Questa visione della realtà e del tempo porta con sé la possibilità di un programma di azione: è possibile cambiare la vita, è possibile cambiare il mondo, così come cambiare un testo o uno stile.

pubblicato il 1 aprile 2011

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