mercoledì 24 agosto 2011

DIETRICH BOEFFER


Tra i milioni di vittime della furia nazista, desidero ricordare Dietrich Bonhoeffer. Pastore luterano, docente universitario, teologo, Bonhoeffer, fortemente influenzato dalla teologia dialettica e dal pensiero del grande teologo protestante svizzero Karl Barth, esprime subito una forte opposizione, etica e politica, al nazismo. Il suo approccio teologico è molto innovativo: la Chiesa è, in quanto concreta comunità di uomini. Per questo, ha il dovere di vivere appieno nella realtà e combatterne le distorsioni, per realizzare una società giusta, lontana dalla violenza. Scrive Gianfranco Ravasi: “[Bonhoeffer] esaltava la necessità dell’impegno del cristiano nelle “realtà penultime”, cioè in quelle della storia e dell’azione sociale e politica, per poter accedere alle “realtà ultime” della fede e della pienezza di vita in Dio. Egli sentiva fortemente l’importanza di un confronto col mondo diventato “adulto” e secolare, e questo dialogo doveva avvenire attraverso un cristianesimo “non religioso”, cioè ripensato in una nuova forma, non più sacrale. Queste ed altre tesi, alcune di forte impronta mistica, altre di tonalità esistenziale, contenevano reazioni e fremiti legati alla sua esperienza e al contesto di quel tempo e sono poi state sottoposte a critica”. La lacerante modernità d Bonhoeffer sta nell’aver inaugurato la teologia della “morte di Dio” e al tempo stesso una nuova sofferta ed esistenziale cristologia: “Cristo è per l’uomo la ricerca del Dio assente”. Aveva scritto Friedrich Nietzsche ne “La Gaia Scienza”: “Dio è morto. Dio resta morto. E noi l'abbiamo ucciso. Come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gli assassini? Nulla esisteva di più sacro e grande in tutto il mondo, ed ora è sanguinante sotto le nostre ginocchia: chi ci ripulirà dal sangue? Che acqua useremo per lavarci? Che festività di perdono, che sacro gioco dovremo inventarci? Non è forse la grandezza di questa morte troppo grande per noi? Non dovremmo forse diventare divinità semplicemente per esserne degni?”. Nietzsche affermava la “morte di Dio”, nel senso che l'uomo non sarà più capace di credere in qualunque ordine cosmico quando riterrà che non ne esiste uno. La morte di Dio condurrà, secondo Nietzsche, non solo al rifiuto della credenza in qualsivoglia ordine cosmico o fisico, ma anche al rifiuto dei valori assoluti stessi - al rifiuto di credere in un'oggettiva ed universale legge morale che lega tutti gli individui. Piuttosto, per Bonhoeffer Dio non è assente, ma nascosto, e la storia umana è un susseguirsi di balenanti sue apparizioni e rivelazioni, di segni misteriosi, di tracce certe anche se spesso indecifrabili della sua presenza. Niente mise in questione la fede di Bonhoeffer. Fu arrestato dalla Gestapo, imprigionato e ucciso mediante impiccagione, nel 1945. un mese prima della sconfitta del Reich. Scrisse di lui più tardi uno dei medici del lager: “Mi ha scosso nel profondo… Nei quasi 50 anni di pratica medica, non ho mai visto morire allo stesso modo, un uomo consacrato al Signore”. In una sua lettera dal carcere, Bonhoeffer scrisse: “Quando si è rinunciato del tutto a fare qualcosa di se stessi: un santo, un peccatore convertito o un uomo di Chiesa, un giusto o un ingiusto, un malato o un sano, allora ci si getta interamente nelle braccia di Dio, allora si prendono finalmente sul serio non le proprie, ma le sofferenze di Dio nel mondo, allora si veglia con Cristo nei Getsemani e, io penso, questa è fede; e così diventiamo uomini, diventiamo cristiani”. Anche chi non ha fede non ha problemi a riconoscersi nella forte tensione morale, nella profonda ricerca della verità di Dietrich Bonhoeffer.

pubblicato il 4 febbraio 2011

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